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160 il manzoni poeta drammatico.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Manzoni.djvu{{padleft:162|3|0]]dre del Manzoni, nell’aprile dell’anno 1820, scriveva a monsignor Tosi che il Manzoni preferiva «il soggiorno di Parigi a quello di Milano, per il gran ribrezzo che gli produce quella benedetta manìa che si ha di parlare degli affari degli altri. Si ricorda di tante ciarle e di tante supposizioni fatte sul nostro viaggio; e qualche volta questa idea lo mette di cattivo umore.» Il malumore, o almeno un po’ di malumore, penetra pure in alcuni versi del Conte di Carmagnola. Ma il sentimento cristiano e l’amor patrio vincono finalmente ogni altra cura. Il Manzoni assai più che il suo Conte di Carmagnola esplorava il suo tempo e cercava persuadersi ora che la salute d’Italia sarebbe venuta dalla Toscana, ora dal Piemonte.

Il Carmagnola, infatti, alludendo ai Fiorentini, dice:

  A molti in mente
  Dura il pensier del glorïoso, antico
  Viver civile; e subito uno sguardo
  Rivolgon di desìo, là dove appena
  D’un qualunque avvenir si mostri un raggio,
  Frementi del presente e vergognosi;


e al suo Piemonte belligero fida, con la propria, la vendetta d’Italia:

  Voi provocate la milizia. Or sono
  In vostra forza, è ver; ma vi sovvenga
  Ch’io non ci nacqui; che tra gente io nacqui
  Belligera, concorde; usa gran tempo
  A guardar come sua questa qualunque
  Gloria d’un suo concittadin, non fia
  Che straniera all’oltraggio ella si tenga.


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