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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Mastro-don Gesualdo (1890).djvu{{padleft:320|3|0]]cosa, asciugandosi gli occhi e soffiandosi il naso gonfio quasi suonasse la tromba. Appena vide giungere anche il notaro Neri non si mosse più dal capezzale della mamma, domandando al medico ogni momento:

— Che ve ne sembra, dottore? Riacquisterà la parola?

— Col tempo, col tempo, — rispose infine il medico seccato. — Diamine, credete che sia stato come fare uno starnuto?

Don Ninì non si riconosceva più da un giorno all’altro; colla barba lunga, i capelli arruffati, fisso al capezzale della madre, oppure arrabattandosi nelle faccende di casa. Non usciva una fava dalla dispensa senza passare per le sue mani. Tant’è vero che i guai insegnano a metter giudizio. Sua madre stessa glielo avrebbe detto, se avesse potuto parlare. Si vedeva dal modo in cui gli guardava le mani, col sangue agli occhi, ogni volta che veniva a prendere le chiavi appese allo stipite dell’uscio. E anche lui, adesso che la roba passava per le sue mani, comprendeva finalmente i dispiaceri che aveva dato alla povera donna; se ne pentiva, cercava di farseli perdonare, colla pazienza, colle cure amorevoli standole sempre intorno, sorvegliando l’inferma e la gente che veniva a farle visita, impallidendo ogni volta che la mamma tentava di snodare lo scilinguagnolo dinanzi agli estranei.

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