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Non è dunque una razza di animali che si compiace del suo fango; non è dunque una razza inferiore che presceglie l’orrido fra il brutto e cerca volonterosa il sudiciume; non si merita la sorte che le cose gl’impongono; saprebbe apprezzare la civiltà, visto che quella pochina elargitagli se l’ha subito assimilata; meriterebbe di esser felice.



Abita laggiù, per forza. È la miseria sua, costituzionale, organica, così intensa, così profonda, che cento Opere Pie non arrivano a debellare, che la carità privata, fluidissima, non arriva a vincere; non la miseria dell’ozioso, badate bene, ma la miseria del lavoratore, la miseria dell’operaio, la miseria di colui che fatica quattordici ore al giorno.

Questo lavoratore, quest’operaio non può

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