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«Principe, io partirò, oggi, per Torino. Ho licenziato la mia dama di compagnia, da otto giorni, e con un po’ di denaro per consolarla, ella è partita per la Scozia, quietamente. Non mi amava e non l’amavo. Noi siamo benefici pei nostri servi: ed essi sono, per noi, assai rispettosi. Ma nessun altro vincolo ci lega, altro che la carità ed il rispetto. Noi settentrionali, noi stranieri, noi gelide creature dei paesi brumosi, non siamo come voi altri, tutti avvampanti di amore, nella fantasia, e che poi non amate nessuno. Noi diamo l’anima nostra a un sol uomo, ai nostri figli, se li abbiamo e a Dio, che raccoglie tutti questi affetti. Quanta gente amate voi! I servi che sono cresciuti in casa e i bimbi che vedete andare a scuola, le ragazze che vi sono state compagne d’infanzia e i vecchi che hanno conosciuto vostro padre, i vostri maestri e i vostri amici, quelli che avete visto un anno, e quelli che avete visti un giorno! Amate una quantità infinita di gente. Oggi amate questa fanciulla, perchè le parlaste, in una sera di primavera, in un giardino dove le violette olezzavano e scintillavano le lucciole; domani amate quella signora pallida, perchè la vedeste disperarsi, nel truce giorno in cui le si uccise

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