< Pagina:Matilde Serao San Gennaro.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

La leggenda di San Gennaro 37

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Matilde Serao San Gennaro.djvu{{padleft:61|3|0]]sotto i piedi, dalle alte colonne di fumo sorgenti dai crepacci del suolo, dall'acre odore dì zolfo sparso nell'arìa greve. I parenti, gli amici, i discepoli dei sette martìri decapitati, come ali'indomani di una sanguinosa battaglia, si aggiravano, pallidi, tristi, lacrimanti, in quei campi, per raccogliere le spoglie fredde dei loro cari. I Puteolani cercavano i corpi amati dei loro martiri Procolo, Etichete e Acuzio; i Miseniani quello del loro piissimo Sossio; i Beneventani quello di Pesto e Desiderio, loro concittadini: mentre i Napoletani cercavano quello del loro grande eroe della fede, Gennaro. Era, pare, una notte tempestosa quella che susseguì alla decapitazione: e quella amorosa gente portò via, sulle spalle, per lunghissime vie, quei cadaveri, per dar loro degna sepoltura. Nella notte istessa Gennaro era comparso a Commodo, figliuolo della sua nutrice Eusebia, e gli aveva detto di cercare, oltre la sua testa spiccata dal busto, il dito troncato; e Commodo fu obbediente a quel comandamento e trovò il

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.