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vecchi, bisogna riceverle. Ma bisogna, poi farle tutte, tutte, queste visite? E allora, se si fanno tutte, tutte, devono passare quindici giorni, a trasportarsi da un capo all'altro della città, a salire al primo, al terzo e al quarto piano? La vita sarebbe ben penosa, se tutte le visite di obbligo e di non obbligo si dovessero fare, in questi quindici giorni! Invece, una delle cose più savie, è quella di pensarci su, bene, un pomeriggio tranquillo o una serata tranquilla e fare una noticina, magari, per stabilir bene l’itinerario del cuore e del dovere. Giacché le visite del cuore, è vero, voi le farete bene? Quelle ai parenti amati e rispettati, che riceveranno questo vostro atto di tenerezza, con una emozione di piacere: quelle alle due o tre amiche dilette, con cui sempre si passa un’ora di bene morale, durante l’anno, ma di cui qualcuna, da tempo, voi non avete veduta, l’esistenza è talmente bizzarra, essa combina talmente l’unione di colore che non si amano che la disunione di quelli che si amano! E la visita rara, quella a una vecchia dama simpatica e buona, che tutti, a poco a poco, hanno tralasciato di visitare, quella a un vecchio amico infermo, da lungo tempo infermo, e che, purtroppo, passa i suoi giorni in solitudine, la visita rara, una persona di cuore, la deve far bene, per soddisfazione di affetto? E la visita umile, oscura, a un parente povero, a una amica della giovinezza, quella visita che è una consolazione, un atto di profonda carità umana, non la volete voi fare? Poi, le visite di obbligo: scartandole, quelle di obbligo così così, quelle di mezzo obbligo, quelle di un obbligo indiretto: e lasciandovi solo quelle di obbligo assoluto, a cui voi dedicherete non più di dieci minuti, ognuna; tanto vuole il cerimoniale. Se restate più di dieci mi-
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