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za qualunque, si trova sempre, per fumare. E ora, buon appetito!

VII. Nuovo «menu» di pranzo

Già, un poco prima della guerra, i «menu» dei pranzi non di grande cerimonia, ma di mezza cerimonia e, sovra tutto, dei graziosissimi pranzi intimi, si erano trasformati. Le sei portate che nei pranzi di Corte, nei pranzi diplomatici sono rimaste sempre sei, cioè, il potage, il piatto di pesce, quello leggiero di carne, di legume, l’arrosto e il copioso dessert, sono molto diminuite: poi, nella guerra e dopo la guerra, sono diminuitissime. Nessun pranzo intimo o di mezza cerimonia, in cui appaiono le ostriche, la cui cattiva reputazione, è diventata invincibile; si dà sempre il potage, ma è l’ombra di un sogno fuggente; si dà il piatto di pesce: e i due piatti di carne si riducono a un solo e se non è di arrosto, questo unico piatto di carne, non si dà insalata. Anche il legume si abolisce, spesso. Viceversa, quello che si perde in quantità, si guadagna in qualità: i pranzi moderni, nella loro voluta semplicità, sono di una rara squisitezza culinaria. Intorno al pesce, per esempio, un cuoco geniale fa delle fantasie, con le salse, riempie le conchiglie d’insalatine: intorno al pezzo di carne, sempre, vi sono tre o quattro contorni, in cui si sbizzarrisce la elegante immaginazione del cuoco, croquettes e bouchées epurées svariate, di ogni specie. E il pezzo di carne, o pollo, poi, diventa un’opera di arte. Si faceva, a Parigi, nell’anteguerra, il boeuf à la cuillère, cioè un magnifico pezzo di manzo, che cuoceva, per due intieri giorni,


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