< Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
104

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu{{padleft:113|3|0]]dio del 1666 aveva perduto lo sposo i figli, tutte le sue risorse, e finalmente la ragione. La sola parola fuoco non mancava mai di rammemorarle all’istante tutta l’enormità della sua perdita. Le grida del suo vicino avevanla destata da un sonno inquieto, ed ella si credette ritornata a quella notte di orrore e di spavento; oltre di ch’era un Sabato, ed era stato osservato che in tal giorno la di lei situazione si faceva sempre più violenta e dolorosa. Ella dunque s’immaginò che stesse facendo degli sforzi per liberarsi dalle fiamme, ed eseguì tutta cotesta scena con una fedeltà sì spaventevole, che Stanton si trovò più volte al punto di rompere il silenzio, che aveva risoluto di serbare. —

La misera diceva da principio sentirsi soffocare dal fumo; poscia saltò giù del letto dimandando un lume, e sembrando maravigliata dello splendore istantaneo che credeva travedere dalle fessure dell’imposta, che serrava la sua finestra: Il mondo è prossimo a terminare, va a finire il mondo! gridò ella. Il cielo, il cielo

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.