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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu{{padleft:69|3|0]]cito e prudente bisbigliare dei suoi domestici, entrò temerariamente nel gabinetto, del quale rinchiuse dietro di sè l’uscio, e si mise a ricercare il manoscritto. Suo zio glielo aveva così bene indicato, che il giovane non durò gran fatica a rinvenirlo. Cotesto manoscritto, antico, sdrucito e scolorato fu tratto fuori dal luogo, nel quale l’aggiunta fatta dal vecchio al testamento indicava, che trovato si sarebbe. Le mani di Melmoth quando si mise a svolgerne le pagine erano fredde al pari di quelle di suo zio già collocato entro il sepolcro. Ne intraprese la lettura; un profondo silenzio dominava in tutta la casa. Melmoth guardava le accese candele con una tal quale interna inquietudine; le smoccolò, e non potè reprimersi dal pensare che la loro luce era d’un inusitato color di azzurro; e vi fu qualche istante, tanta è la forza della immaginazione, che quantunque ardessero, gli sembrava non tramandassero luce. Mutò più volte di posizione, ed avrebbe cambiata seggiola, se in quel luogo ce ne fosse stata un’altra.

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