< Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

155

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu{{padleft:160|3|0]]

Lo straniero diresse un’altra volta il telescopio verso la spiaggia delle Indie, d’onde non erano essi molto distanti, ed Immalia fuori di sè dallo stupore esclamò di nuovo Ah! tutto torna a rivivere e più bello di prima? Veggo dappertutto delle creature viventi e pensanti. Ma che sono quelle roccie magnifiche, che veggo e che non rassomigliano punto alle rupi della mia isola? I loro lati sono puliti; la loro volta è tagliata e liscia come quella de’ fiori. Oh! quanto deve esser bello codesto mondo! E forse il pensiero, che ha fatto tutto ciò? Sentite, Immalia, le disse lo stranieso togliendole di mano il telescopio; per godere di questo spettacolo fa d’uopo, che voi lo comprendiate. Senza dubbio, rispose Immalia, presso cui il mondo sensibile perdeva appoco le sue attrattive in paragone del mondo intellettuale novellamente da lei scoperto; oh! sì... lasciatemi pensare.

Immalia, avete voi una religione? le disse allora lo straniero, al quale frattanto una sensazione di dolore

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.