< Pagina:Maturin - Melmoth, III, 1842.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
56

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maturin - Melmoth, III, 1842.djvu{{padleft:61|3|0]]Oceano di sangue. Ora tocca ai miei figli! Ed andò in traccia di uno strumento di morte. La sua mano destra afferrò con impeto la sinistra; gli pareva di tenere un brando, e disse: questo è sufficiente: essi si dibatteranno, mi supplicheranno, ma io loro dirò, che la lor madre è morta ai miei piedi; e che potranno rispondermi a ciò?... Sì, dirò loro, che la loro madre più non esiste, ripetè di nuovo avanzandosi brancolando verso la camera de’ figli; questa sarà la mia risposta e la loro sentenza.

«Mentre voleva avanzare urtò col piede il corpo inanime della consorte, e la sua anima essendo pervenuta all’ultimo grado della sofferenza, gridò ad alta voce: Uomini!... uomini! che sono dunque i vostri desiderii e le vostre passioni, le vostre speranze e i vostri timori, le vostre pugne e le vostre vittorie? Guardate me! specchiatevi sul mio esempio!... Dette queste parole l’infelice entrò nella camera de’ figli. Mio padre! mio padre! gridò Giulia, sono queste le vostre mani? Lasciatemi

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.