Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
6 | prefazione. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Meditazioni storiche.djvu{{padleft:13|3|0]] vere. Questo nostro angolo, già rozzo e ancor ruvido, d’Italia, io credo sia pure uno di quelli ove chiunque perdura, trovi più esempi e conforti ed aiuti al lavoro. Tantochè, s’io volessi accennare tutti coloro che mi giovarono in uno di questi modi, io farei tal lista da parer vantarmi anzichè ringraziare. Ma ne sono alcuni che non vorrei assolutamente tacere. Ai professori Peyron, Gazzera, Barucchi, ed un quarto il quale mi vieta di aggiunger qui il nome suo, io debbo, fin di qua, che esca men povero di notizie, men pieno d’errori questo mio lavoro. E con tali aiuti ei mi sarebbe facilissimo, come credo sia in generale a qualunque scrittore, moltiplicare citazioni ed erudizioni anche recondite. Ma, qui come al solito, io scrivo ad uso de’ colti anzichè degli eruditi; ondechè ho ridotte al minimo e rigettate in nota tutte le illustrazioni, e citati più sovente gli ultimi e migliori raccoglitori e discutitori de’ fonti che non i fonti stessi. Ciò solo mi parve utile, ciò solo ad ogni mode possibile in materia sì vasta. Del resto, contro a quello che fu pur detto della gran facilità di scrivere discorsi storici, io potrei protestare di non aver mai di gran lunga scritto così difficilmente e lentamente e rinnovatamente come qui; e di temer quindi anzi la condanna pronunciata contro ai lavori troppo fatti e rifatti; e da tali difficoltà essere stato mosso a terminar via via e pubblicare ogni parte del mio lavoro. Ma lascino pure i leggitori (e gli spregiudicati le lasceranno) quinci e quindi condanne e proteste, e giudichino del solo risultato. Questo solo importa ad essi; ed anche allo scrittore. Se egli avrà poco o molto contribuito a spargere, massimamente in patria, alcune che a lui paiono verità importanti, niuna fatica di lui sarà stata troppa; ei chiuderà con qualche satisfazione la sua carriera letteraria. E la chiuderà ad ogni modo col conforto d’aver perdurato fino all’ultimo in tal buona volontà.
- Torino, 29 giugno 1842.