< Pagina:Meditazioni storiche.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

(lermanlehe. Moderne.

V. Fanno re i più nobili, duci i più prodi; nè hanno i re potestà infinita o libera; e i duci reggono meno col comando che coll’esempio, con esser pronti e farsi vedere e ammirare dinnanzi all’ordinanza. Del resto, castigare, legare o battere non è lecito a niuno, salvo ai sacerdoti, e non per pena ovvero ordine del duce, ma come per comando d’un iddio.— Delle cose meno importanti, deliberano i principi; delle maggiori, tutti; ma in modo, cbe anche quelle di che la plebe risolve, sono prima trattate dai principi. — Ascoltansi il re, o un principe secondo la etit, la nobiltà, lo splendor di milizia o la facondia di ciascuno, ma più con autorità di persuadere, cbe potestà di comandare. Se dispiace uu parere, fremendo il rigettano; se piace, battono le framee insieme. 11 più onorato modo di assentire, 6 lodar coli’armi. — Non lice a niuno portar l’armi se non 6 prima approvalo come capace dal comune. Allora, in consiglio, uno de’ principi, o il padre o un parente, adorna il giovane di scudo e fratnea. Questa è lor toga, questo onor primiero di lor gioventù; erano prima come membri della casa, ora sono della repubblica. (Ib., 7, 11,13.)

V, 1 selvaggi non conoscono tra loro nè principi nè re. Dicesi in Enropa che abbian repubbliche: ma qneste non hanno leggi ferme.... Ogni famiglia ai tiene assolutamente libera; ogni Indiano, indipendente. Tuttavia la necessità Insegnò loro a formare una tal qual società, e ad eleggersi un capo che chiaman carico, cioè comandante... Per essere innalzato a tal dignità 6 d’uopo aver date splendenti pruove di valore. ( Lellr. idif., tomo Vili, pag. 133.)

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.