Questa pagina è stata trascritta ma deve essere formattata o controllata. |
tale. Molti dei re delle diverse genti sono detti espressamente Pelasgi, tutti sono detti stranieri, nelle genealogie mitologiche o storiche greche; e ciò solo basta a provare che lor gente fu gente regia e militare. Molti scrittori antichi poi, Omero principalmente, chiamano santi, divini i Pelasgi; e il tempio centrale e fatidico di Dodona fu di essi; e tutte le tradizioni parlano degli iddii pelasgi come di antichissimi; ed Erodoto come di innominati, che prova tale antichità; e la scrittura, che fu allora privilegio sacerdotale dappertutto, fu recata in Grecia da questi Pelasgi. Or che è tutto ciò per noi, i quali vedemmo genti e caste sacerdotali dappertutto in quelle età del 2000, ed anche più tardi? Torniamo pure a quel modo di ragionare, a quel canone di filosofia storica (che non è nostro certamente) di giudicare arditamente dal noto al simile ignoto nelle nazioni sincrone e primitive. Le nazioni si differenziaron più tardi; ma da principio, quanto più vicine al principio comune, ragioni e fatti concordano a farcele credere molto più simili. I Pelasgi furono dunque probabilmente anch’essi gente sacerdotale in Grecia, gente sacerdotale e regia tutt’insieme, come tante altre in altri luoghi. E cosi nelle due qualità signoreggiarono qua e là, e tentarono signoreggiar dappertutto in Grecia. Ma sacerdoti di una schiatta diversissima, parlanti una lingua barbara, semitica, fra le genti giapetiche, non riuscirono ad immedesimarsi mai, a mescer bene, universalmente, lingua, sangue, costumi e culti; non riuscirono a passar dalla condizione di gente a quella di casta universalmente sacerdotale; come riuscirono i Caldei, i Magi, i Brahmani fra gli Assiri, i Medi, gl’Indiani conssuguinei; epperciò, all’ultimo, furono cacciati dalle popolazioni primitive, rimaste e moltiplicatesi in maggior numero, dalle genti Giapetiche, Javonie, Elleniche. — Tuttociò, mi si dirà, è specioso ma non dimostrato; ma, ridico io, la speciosità d’una spiegazione, la concordanza de’ fatti è pur essa una grandissima prova.
. VII. La maggior obbiezione ad ammettere questa, come qualunque altra spiegazione, sarebbe, a parer mio, se ella fosse del tutto nuova, se si opponesse direttamente ad una spiegazione chiara, antica, universalmente accettata. In buona critica storica, si deve presumere contro alla novità. Come credere, che gli antichi non abbiano conosciuti i fatti loro, o quelli delle età tanto più vicine ad essi? che tanti moderni occupatisi nelle storie antiche ne abbian capito poco o nulla fino a noi? Ma primamente, se una questione è, in che rimanga lecito non seguire gli antichi, certo è questa delle origini delle genti; su questa essi potrebbero ricusarsi quasi tutti in corpo, per la ragione sommaria: che essi ammettevano indigeni in molti luoghi del globo, e
37