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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Memorie del Cagliostro in Roveredo.djvu{{padleft:23|3|0]]le matrone mi coroneranno di rose, le spose ungeranno con unguenti i miei capelli; i vecchj coi giovani salmeggieranno avanti di me al suono di trombe, ed al rimbombo di tesi tamburri: ivi non spargerà l’invidia il suo veleno, nè l’incredulità stenderà le sue radici. Credevano dunque, che in breve fosse per partire, dai loro confini, e molti godevano dicendo ch’egli disturba la città, e rivela palesemente i vizj più reconditi di ciascuno. Imperocchè egli era fisonomista, ed indovino. Agli ammalati poi, che ritornavano senza miglioramento diceva: e che vi farò io? Ecco i vostri medicamenti nei confini della terra, e chi mi darà le penne dei venti per portarveli? e chiuso l’uscio si allontanava dalla turba, e scriveva, Arabico e Francese, e si riposava.


XI.

Non passava poi giorno, che non si facesse da lui nuovo concorso di ammalati, i quali lasciavano le loro città desiderando di farsi conoscere da lui. Quelli poi, che non potevano venire, mandavano i loro medici ad ascoltare le parole di lui. E venne anche una ragazza figlia

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