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ATTO SECONDO

SCENA I

Logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli ambasciadori cartaginesi.

Regolo e Publio.

Regolo. Publio, tu qui! Si tratta

della gloria di Roma,
dell’onor mio, del pubblico riposo,
e in senato non sei?
Publio.   Raccolto ancora,
signor, non è.
Regolo.   Va’, non tardar; sostieni
fra i padri il voto mio; mostrati degno
dell’origine tua.
Publio.   Come! e m’imponi
che a fabbricar m’adopri
io stesso il danno tuo?
Regolo.   Non è mio danno
quel che giova alla patria.
Publio.   Ah, di te stesso,
signore, abbi pietá!
Regolo.   Publio, tu stimi
dunque un furore il mio? Credi ch’io solo,
fra ciò che vive, odii me stesso? Oh, quanto
t’inganni! Al par d’ogni altro,

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