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168 | xviii - attilio regolo |
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del mio valor.
Qual sacrifizio,
padre, farei,
se fosse il vincere
gli affetti miei
opra sí facile
per questo cor? (parte)
SCENA IV
Regolo ed Amilcare.
Regolo. Senza che parli, intendo
giá le querele tue. Non ti sgomenti
il moto popolar: Regolo in Roma
vivo non resterá.
Amilcare. Non so di quali
moti mi vai parlando. Io querelarmi
teco non voglio. A sostenerti io venni
che solo al Tebro in riva
non nascono gli eroi;
che vi sono alme grandi anche fra noi.
Regolo. Sia. Non è questo il tempo
d’inutili contese. I tuoi raccogli,
t’appresta alla partenza.
Amilcare. No. Pria m’odi, e rispondi.
Regolo. (Oh sofferenza!)
Amilcare. È gloria l’esser grato?
Regolo. L’esser grato è dover; ma giá sí poco
questo dover s’adempie,
ch’oggi è gloria il compirlo.
Amilcare. E se il compirlo
costasse un gran periglio?