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192 xix - antigono

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Antigono.   E ritorni

di nuovo, audace?
Demetrio. (affannato)  Uccidimi, se vuoi;
ma salvati, signor. Nel porto è giunto
trionfando Alessandro, e mille ha seco
legni seguaci. I tuoi fedeli ha vòlto
tutti in fuga il timor. Piú difensori
non ha la reggia o la cittá: se tardi,
preda sarai del vincitor. Perdona
se violai la legge: era il salvarti
troppo sacro dover; ma sfortunato
a tal segno son io,
che mi costa un delitto il dover mio.
  (torna a partire)
Berenice. (Che nobil cor!)
Antigono.   Se di seguir non sdegni
d’un misero il destin, da queste soglie
trarti poss’io per via sicura.
Berenice.   È mia
la sorte del mio sposo.
Antigono.   Ah! tu mi rendi
fra’ disastri beato. Andiam... Ma Ismene
lascio qui fra’ nemici? Ah! no: si cerchi...
Ma può l’indugio... (dubbioso)
(risoluto alle guardie) Io con la figlia, amici,
vi seguirò: voi cauti al mar frattanto
Berenice guidate. Avversi dèi,
placatevi un momento, almen per lei.
          È la beltá del cielo
     un raggio che innamora,
     e deve il fato ancora
     rispetto alla beltá.
          Ah! se pietá negate
     a due vezzosi lumi,
     chi avrá coraggio, o numi,
     per dimandar pietá? (parte)

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