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atto secondo 33

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se tanto un uom presume,

il destin d’un monarca a quel d’un nume.
Parmi esser tal da quel momento in cui
Temistocle acquistai. Ma il grande acquisto
assicurar bisogna. Aspasia al trono
voglio innalzar: la sua virtú n’è degna,
il sangue suo, la sua beltá. Difenda
cosí nel soglio mio de’ suoi nipoti
Temistocle il retaggio; e sia maggiore
fra’ legami del sangue il nostro amore.
Pur d’Aspasia io vorrei
prima i sensi saper. Giá per mio cenno
andò Sebaste ad esplorarli; e ancora
tornar nol veggo. Eccolo forse... Oh stelle!
è Rossane. Si eviti. (partendo)
Rossane.   Ove t’affretti,
signor? fuggi da me?
Serse.   No; in altra parte
grave cura mi chiama.
Rossane.   E pur fra queste
tue gravi cure avea Rossane ancora
luogo una volta.
Serse.   Or son piú grandi.
Rossane.   È vero;
lo comprendo ancor io: veggo di quanto
Temistocle le accrebbe. È ben ragione
che un ospite sí degno
occupi tutto il cor di Serse. E poi
è confuso il tuo core,
né mi fa meraviglia,
fra’ meriti del padre, e...
Serse.   Principessa,
addio.
Rossane.   Senti. Ah, crudel!
Serse.   (Si disinganni
la sua speranza.) Odi, Rossane: è tempo

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