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sí gran novella a’ tuoi. Di’ lor qual torna

l’esule in Grecia e quai compagni ei guida.
Lisimaco. (Oh patria sventurata! oh Aspasia infida!)
  (parte co’ greci)

SCENA VIII

Temistocle, Serse e Sebaste.

Temistocle. (Io traditor!)

Serse.   Duce, che pensi?
Temistocle.   Ah! cambia
cenno, mio re. V’è tanto mondo ancora
da soggiogar.
Serse.   Se della Grecia avversa
pria l’ardir non confondo,
nulla mi cal d’aver soggetto il mondo.
Temistocle. Rifletti...
Serse.   È stabilita
di giá l’impresa; e chi si oppon, m’irríta.
Temistocle. Dunque eleggi altro duce.
Serse. Perché?
Temistocle.   Dell’armi perse
io depongo l’impero al piè di Serse.
  (depone il bastone a piè del trono)
Serse. Come!
Temistocle.   E vuoi ch’io divenga
il distruttor delle paterne mura?
No, tanto non potrá la mia sventura.
Sebaste. (Che ardir!)
Serse.   Non è piú Atene, è questa reggia
la patria tua: quella t’insidia, e questa
t’accoglie, ti difende e ti sostiene.
Temistocle. Mi difenda chi vuol: nacqui in Atene.
È istinto di natura

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