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Aspasia.   L’ire tue sopporto in pace,

     compatisco il tuo dolore:
     tu non puoi vedermi il core,
     non sai come in sen mi sta.
          Chi non sa qual è la face,
     onde accesa è l’alma mia,
     non può dir se degna sia
     o d’invidia o di pietá. (parte)

SCENA XI

Rossane e Sebaste.

Sebaste. (Profittiam di quell’ira.)

Rossane. Ah, Sebaste, ah, potessi
vendicarmi di Serse!
Sebaste. Pronta è la via. Se a’ miei fedeli aggiungi
gli amici tuoi, sei vendicata, e siamo
arbitri dello scettro.
Rossane.   E quali amici
offrir mi puoi?
Sebaste.   Le numerose schiere
sollevate in Egitto
dipendono da me. Le regge Oronte
per cenno mio, col mio consiglio. Osserva:
questo è un suo foglio.
  (le porge un foglio ed ella il prende)
Rossane.   Alle mie stanze, amico,
vanne, m’attendi: or sarò teco. È rischio
qui ragionar di tale impresa.
Sebaste.   E poi
sperar poss’io...
Rossane.   Va’: sarò grata. Io veggo
quanto ti deggio, e ti conosco amante.
Sebaste. (Pur colsi alfine un fortunato istante.) (parte)

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