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viaggiatori in pericolo

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— Ah! voi sapete questo, signor Jolivet! disse allora Harry Blount, tolto al suo mutismo dall’osservazione del corrispondente francese.

— Lo sapevo, rispose Alcide Jolivet.

— E sapete anche che doveva essere travestito da zingaro? domandò Harry Blount.

— Da zingaro! esclamò quasi involontariamente Michele Strogoff, rammentandosi il suo viaggio.

— Lo sapevo tanto da farne oggetto d’una lettera a mia cugina, rispose sorridendo Alcide Jolivet.

— Non avete perduto il vostro tempo in Kazan! osservò l’Inglese in tono asciutto.

— Ma no, caro confratello; mentre il Caucaso s’approvvigionava, io faceva come il Caucaso.

Michele Strogoff non ascoltava più le parole di Harry Blount e di Alcide Jolivet; egli pensava a quella frotta di zingari ed a quel vecchio di cui non aveva potuto vedere la faccia: alla strana donna che l’accompagnava, allo sguardo singolare che gli aveva rivolto, e cercava di raccogliere nello spirito tutti i particolari di quegli scontri, quando s’udì uno sparo a breve distanza.

— Ah! signori, avanti! esclamò Michele Strogoff.

— To’, per essere un degno negoziante che fugge le schioppettate, pensò Alcide Jolivet, va spedito al luogo da cui partono.

E, seguíto da Harry Blount, che non era buono a starsene indietro, si precipitò dietro i passi di Michele Strogoff.

Alcuni istanti dopo, tutti e tre erano in faccia alla sporgenza che riparava il tarentass alla svolta della via.

Il gruppo di pini, acceso dalla folgore, ardeva ancora. La via era deserta. Pure Michele Strogoff

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