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— 114 — un dramma al messico |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Michele Strogoff.djvu{{padleft:458|3|0]]zavano sempre più sull’Anahuac e valicavano le immense barriere che formano le pianure di Messico.
— Ah, esclamò Josè, ecco il primo dei tre torrenti che dobbiamo attraversare!
Infatti, un fiume profondamente incassato si presentava dinanzi ai viaggiatori.
— Nel mio ultimo viaggio, questo torrente era asciutto, disse Josè. Seguitemi, luogotenente.
Scesero entrambi per un dolce diclivio tagliato nella rupe medesima e giunsero ad un guado che era facilmente praticabile.
— E uno, disse Josè.
— Gli altri sono egualmente facili? domandò il luogotenente.
— Egualmente, rispose Josè. Quando la stagione delle pioggie ingrossa questi torrenti, essi si gettano nel piccolo fiume di Ixtolucca, che ritroveremo nelle grandi montagne.
— Non abbiamo nulla a temere in queste solitudini?
— Nulla, tranne il pugnale messicano.
— È vero, rispose Martinez; questi Indiani dei paesi elevati sono fedeli al pugnale per tradizione.
— Infatti, ripigliò il gabbiere ridendo, quante parole hanno per designare la loro arma favorita: estoque, verdugo, puna, anchillo, beldoque, navaja! Hanno il nome facilmente in bocca come hanno il pugnale in mano. Ebbene tanto meglio! se non altro non avremo a temere le palle invisibili delle lunghe carabine! Non c’è nulla di più fastidioso del non sapere qual è il furfante che vi ammazza.
— Quali sono gli Indiani che abitano queste montagne? domandò Martinez.