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il libro d'enrico 63

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XVIII.


Dal bianco cielo discende la neve
Continua, lenta. M’era cara un tempo,
180Quando involvea degli alti suoi silenzii
L’acre lavoro dell’acceso ingegno;
Quando, la notte, dalle vie deserte,
Folle coorte di bizzarri amici,
Nel baglior dei teatri irrompevamo.
185Malinconicamente or guardo e sogno.
Sogno di molle primavera i primi
Languidi fiati e la campagna aperta.
Vita, vita! Desio persin la via
Umile, piana, tra le siepi ascosa,
190Se vi si vegga e vi si senta aprile.
Fuor da’ tepidi sassi il filo d’erba
Tremando al vento mi direbbe «anch’io».
Alle piante, alle nuvole, al sereno
Racconterei l’amore.
Ah, chi mi dona,
195Chi mi dona l’aprile? Oggi son triste.



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