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— No.... — rispose.

E tornò a girare, senza vedere più nulla, senza sentire la musica; come un automa.

Alla battuta finale della mazurka il ballerino di Maria l’adagiò sopra una poltrona. Aveva un ronzio nelle orecchie e la testa le doleva; continuava a non veder nulla, ma udì la Guidobelli che, parlando con qualcuno, pronunciò il suo nome e quello di Emanuele con una inflessione di voce particolare, ironica, tutta piena di sottintesi — a cui rispose uno scoppio di risa squillanti.

Maria si alzò. A passi brevi ed incerti uscì dalla sala dove si pigiavano ancora i ballerini ringraziando le loro ballerine; attraversò il salotto, quasi vuoto, il tinello, e per un corridojo bujo raggiunse la propria camera. Non si era accorta che Emanuele l’aveva seguita. Nel voltarsi per chiudere l’uscio si trovò fra le sue braccia.

— Che fate? Andate via.... vi vedranno. Già si mormora sul nostro conto.

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