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La signora Oldofredi era ancor giovane, piuttosto piccola e grassoccia, con una distinzione che le veniva dal sorriso, lo stesso sorriso malinconico di Marta; senonchè l’espressione serena di tutto il volto, la calma della persona, annunciavano un abito di filosofica indifferenza alle tempeste della vita, un partito preso di ottimismo ad ogni costo.

Aveva i capelli neri, acconciati con cura, le mani piccole e ben tenute, una sciarpa di trina allacciata con un ampio fiocco sotto la gola. Quando girava il capo le si vedevano scintillare i diamantini appesi all’orecchio.

Stava seduta sulla poltrona accanto al letto, e di lì fissava un paio di pianelle scalcagnate, poste dov’erano i vestiti di Marta.

— Che cosa guardi mamma?

— Sono tue queste pianelle?

— Sì, perchè?

— Non te le avevo comperate nuove, di pelle bianca, con una fodera di raso bleu marin che doveva accompagnare la vestaglia? E a proposito, dov’è la vestaglia?

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