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Mi chiedo qualche volta se non sono l’ombra di una antica castellana, di una mia antenata, quella Jeronima di cui porto così volentieri il nome, e il cui ritratto sta sopra al mio letto. Lo vedrai; è un permesso che mi diede la mamma, poichè voglio tanto bene alla mia eroica omonima.

So che molti mi danno la baia per questo, e perchè fuggo la gente; mi chiamano codina e monachella, dicono che la mia aristocrazia è affettazione. No. Ho un vero orrore per tutto ciò che luccica, che stride, che fa chiasso; per l’oro falso come per le false virtù e per le nobiltà comperate — e siccome vedo che tutto ciò sale sempre, viene avanti, invade le nostre case, i nostri focolari, io retrocedo, mi allontano, non so dove anderò a finire — purchè non sia più costretta ad abbracciare delle contesse Colombo!. . . . . . .

La vuoi sapere la storia della mia antenata? Sulla fine del seicento, una Jeronima

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