< Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
104 il crimine

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:110|3|0]] nuti dopo, s’era alzata per le sue faccende, dimentica del sotterfugio; e il guscio infranto, schiacciato e viscido di giallume era apparso agli occhi beffardi di Cristiana.

La bella donna si sentiva, quella mattina, salir fino alla gola gli impeti di nausea che l’avevan tenuta insonne buona parte della notte; e l’aroma del caffè la faceva quasi svenire; ma, come al solito, per fierezza, non osò chiederne un sorso.

Avvicinatasi alla credenza, ne trasse una scodella di minestra della sera innanzi, e tentò ingoiarne qualche cucchiaiata; ma non potè. Lo stomaco si rivoltava al gelido cibo salato.

Si ravvolse il capo in una sciarpa nera; a pena volgendo gli occhi verso la vecchia, disse, con voce dura:

— Vado a messa. Buon dì.

— Buon dì — rispose la suocera, seduta a mondar legumi sul balcone di legno, dall’altezza del quale lo sguardo spaziava su un’infinita ondulazione di colline e di pianure, che nell’ora incerta parevan grigie, sotto un cielo grigio e rosa.

Ella era tuttavia fresca e maestosa, malgrado i suoi settantacinque anni: con una

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.