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108 il crimine

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:114|3|0]] così doloroso lasciare i tuoi?... Per me sola devi essere, ora. Dimmi di sì.

Gli si stringeva addosso, attanagliandogli gli omeri con le forti mani, avvezze al lavoro; e pareva lei l’uomo, tutta muscolo e volontà. Egli tuttavia sfuggì alla stretta, e torse la faccia: il fiato della bella donna, acido e greve pel disordine dello stomaco contratto, lo aveva fatto dare indietro, istintivamente.

— Càlmati: aspetta: forse t’inganni. La paura fa di questi scherzi. Come vuoi ch’io possa allontanarmi ora dal paese?... mia madre è malata di fegalo, lo sai. Parleremo fra qualche giorno, con maggior quiete. Vien gente dalla cascina alle Vigne, non vedi?... il sole è già alto.

— Ma che debbo fare?... che debbo fare?... — ripeteva l’altra, con la monotonia dei maniaci.

— Oh, perdio!... Sai che cosa ti voglio dire?... Voialtre donne avete tanti mezzi, infine!... Non deve nascere: ecco.

Cristiana lasciò cader le braccia e lo guardò come si guarda un pazzo. Poi si mise a ridere, piano, a scatti.

— Ho capito — disse. — Addio, eroe.

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