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112 | il crimine |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:118|3|0]] un’ora?...) silenzio. L’usciolo si riaperse: le due mani adunche stringevano una boccetta, piena di un liquido scuro e denso. E la porsero a Cristiana, mentre la sdentata bocca susurrava:
— Bere in tre volte: bada bene: in tre volte, a digiuno, all’alba. Poi lavorare, mangiare, camminare, come se nulla fosse. Qualunque cosa accada, tacere. Lo faccio per te, perchè mi fai compassione.... Hai capito?... Dieci franchi.
— Ne ho cinque. Porterò il resto.
Cristiana trasse di tasca un fazzoletto, ne sciolse una cocca annodata, donde uscì una carta bisunta, che pose sul canterano. Nello stesso fazzoletto nascose la boccetta, e rimise il tutto in tasca; poi, con un tacito cenno di grazie e di saluto, ritrovò la porta. La vecchiarda non la segui nemmeno, co’ suoi occhi bianchi: tornò, impassibile, a sedere presso la finestra, nascondendo il biglietto da cinque lire fra la camicia e la veste.
Ma altri occhi Cristiana doveva affrontare, sulla soglia della propria casa: scrutatori, e astuti, e nemici: gli occhi della suocera.
— Di dove vieni?... Bada, lo so che non sei