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Franceschetta era assai piccola di statura, con rari e deboli capelli biondicci, e larghi occhi glauchi di una fissità che colpiva. Forse quelle palpebre (se pur le aveva) non potevan chiudersi mai, nemmeno nel sonno. Le alette delle narici, gli angoli della bocca anemica, i muscoli delle mascelle apparivano invece mobilissimi, parlanti più della voce.

Parole, veramente, ne proferiva poche: quelle poche, a stento.

Quando non era occupata nei lavori della casa o dell’orto, si grattava la fronte, su verso la radice dei capelli, con un gesto scimmiesco che aveva l’insistenza e la regolarità d’un vezzo maniaco.

Bimba, fra il padre indifferente e la matrigna perversa, era cresciuta chiusa in sè, senza

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