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146 | l’altra vita |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:152|3|0]] compagne, sempre in atto di passiva ma costante difesa, adorando i libracci vecchi, raccogliendo furtiva tutti i pezzi di giornali che poteva trovare, per leggerseli in un angolo: e su di essi fabbricava, nel suo cervellino, castelli in aria che si gonfiavano, si sovrapponevano, si distruggevano a vicenda, nubi nel cielo in un mattino di marzo.
Da quando, a sedici anni, era stata sposata per forza a quel grosso Bernardone Mandri, mercante di cavalli e di buoi, giovialaccio, bestemmiatore, sempre in lotta con la cintura dei calzoni che non gli era mai larga abbastanza, la biondina s’era senz’altro raggomitolata su se stessa. Non si confidava con nessuno, non usciva mai, non rispondeva mai agli scherzi volgari o alle sfuriate del suo uomo, lo serviva in silenzio. Egli non era cattivo. Non guardava le altre donne, non lesinava sulla spesa. Amava Franceschetta, a proprio modo. Così suo padre, così suo nonno avevan trattata la moglie; e non altrimenti.
Ma la biondina, coll’andar degli anni, diventava sempre più fragile e trasparente: — un cero acceso, — diceva don Geremia, il coadiutore. Girellando per la casa in umili fac-