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150 l’altra vita

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:156|3|0]] uno stupore muto. Le sembrava un estraneo, che dovesse fra alcuni istanti svoltar l’angolo della via più vicina, per non ritornare mai più.

Sparire: non morire. Cos’era la morte?... Aveva paura, lei, della morte. Le era sempre mancato il coraggio di torcere il collo a una gallina: la sola vista del sangue la faceva dare in convulsioni.

E allora?... Disparizione non significa morte?... Dio, come il cervello le si affaticava, nello sforzo di quel pensiero!... Non pensare, non pensare, sognare solamente. Sognare, per essere liberata.

La presenza del marito, l’odore ferino che il suo gran corpo tramandava, il comando, la carezza dispotica, lo sputacchiare villano, tutto quello che in lui la feriva, l’esasperava, potrebbe non esser più.

E le notti!... Quel corpaccio che occupava tre quarti del letto matrimoniale, mentre Franceschetta, presa da un orrore maniaco, si raggruppava, tutta scarna e piccina, verso la sponda, col rischio di cadere!...

Quel russare su due toni, l’uno rauco, l’altro fischiante: quel russare implacabile che

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