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Un rimorso | 161 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:167|3|0]] qualcosa sopravvive in esse, tuttavia: il profumo, il mistero d’una storia vissuta.
Io avevo sentito il brivido di quel tormento; e stringevo contro di me la donna, per riscaldarla; ma non osavo scandagliare. Le parlavo, così, balzelloni, di tante cose. Nell’agile discorso scivolante dall’ultimo figurino di mode all’ultimo libro del poeta in voga, eravamo giunte, come succede assai volte fra donne, a toccare, a penetrare, a discutere i più singolari problemi di psicologia femminile. Cioè, io chiacchieravo e discutevo: ella si lasciava condurre, ponendo ogni tanto nel discorso qualche parola, che cadeva come una perla di vetro che s’infranga.
Quella notte, invece, parlò lei sola: sotto il chiosco in fondo al parco, guardando dall’ombra coppie di raffinata eleganza ballare, alla luce cadaverica delle corolle elettriche, l’one step nella galleria vetrata, si liberò in me del segreto che la faceva morire.
“— Io — cominciò a voce bassa — ho, laggiù nella mia casa, tre figli. Due, i maggiori, (poichè sembro ancor giovine tanto son esile, ma ho passato i quarant’anni) sono alti, robusti, larghi di spalle, coloriti in viso: somi-