< Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
164 confessioni

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:170|3|0]] la dolorosa — fu di farmi comprendere, d’un lampo, la vanità del mio sentimento per quell’uomo. Chi era?... Perchè mi ero data a lui?... Che cosa rappresentava, lui, nella mia vita?... Era un gaudente, uno che passava, così, di corsa, sulla mia strada, per divertirsi. Ed io avrei dovuto mettere al mondo un bambino suo, capite, suo, del suo sangue, che sarebbe divenuto grande, che sarebbe divenuto un uomo. Ma avevo i miei ragazzi, io: mio marito, la mia casa. E ripetevo questi nomi cari, e ripensavo alle care consuetudini, folle di disgusto contro me stessa e contro colui. Le invincibili nausee che rendono così penosi i prodromi delle gravidanze mi rivoltavano stomaco e cuore insieme, fino allo spasimo. Sentii di odiare quell’uomo. Non lo avrei rivisto mai più. Gli scrissi due righe, violente, di congedo. Non osò nemmeno rispondere: forse non gli parve vero di cavarsela così a buon mercato. Da allora in poi la mia vita divenne una continua menzogna.

“Dovevo pur mentire, per non perdere i figliuoli, per non andarmene sola pel mondo colla creatura che mi doveva nascere. Lo comprendete anche voi, non è vero?... E i

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.