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Clara Walser 203

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— Vi dà molta gioia il vostro lavoro, amica mia?... — domandai.

— Oh, molta. Dal marzo al novembre vivo quasi esclusivamente nelle foreste. Là, comunico colla terra e colle piante. E scopro tesori. Non potete figurarvi quale infinita grazia di linee e dovizia di colori possegga la flora libera del bosco e della montagna. Soltanto, per ben capirla, per esser degni di penetrarla, è necessario che anche l’anima nostra sia libera.

Seguì una breve sosta, carica di vibrazioni: durante la quale, dal foglio disteso sulle nostre ginocchia, una viola del pensiero, gialla e paonazza, regolare come un volto, ci scrutò con occhi umani.

— Libera. Comprendete?... Voglio dire da tutto. A venticinque, a trent’anni, io non avrei nè cercata nè meritata questa rivelazione, che è un assentimento divino. Conviene molto amare, molto errare, molto piangere, renderci a poco a poco superiori al dolore egoistico, purificarci da ogni scoria, uccidere in noi il tormento del desiderio. Rinascere, insomma. Si può. Io ho potuto. E pienamente nuova mi sentii quel giorno nel quale, gettando scarpe

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