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238 | l’appuntamento |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:244|3|0]] stani, denti troppo uguali, troppo abbaglianti, che ferivan gli occhi come la rampa accesa d’un palcoscenico.
Dell’uomo curvo sopra di lei non vedeva che quella luce della bocca; non sentiva, nell’umile carne inquieta, che il fluido animale.
E aveva risposto “sì„. — Ecco. Ed era la moglie d’un professore di ginnasio. Ed era correttissima dalla punta dei capelli alla punta delle scarpette. E capiva di fare un salto nel vuoto; ma nulla avrebbe potuto trattenerla.
Spolverando mobili, rivedendo i conti della domestica, rammendando le maglie e le mutande sempre ragnate del professore, leggendo fra un punto e l’altro un libro di passione recentemente uscito che agiva su di lei come una puntura di morfina, attese, silenziosa, stupefatta di se stessa, il lunedì. La notte non dormiva, nel letto grande dove il suo meschino compagno se ne stava immerso in un sonno di mummia, aggrovigliato, nerastro, tutto nodi, un sarmento. E pensava che, tanti anni prima, l’unica volta in cui era stato promesso ad una certa bimba di condurla a teatro, quella tal bimba non aveva più potuto prender pace nè sonno, cercando di raffigu-