< Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

“mater admirabilis„ 257

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:263|3|0]] guerra, cantando evviva a quel nome. E molti non sarebbero più tornati indietro: i giornali portavano intere colonne listate di nero: anche qualche compagno del suo figliuolo era rimasto lassù, e le madri e le vedove non avevan più lagrime per piangerli. — Per l’Italia. —

Non lavorava anche lei, un poco, per l’Italia, terminando umilmente, silenziosamente, tutte quelle calze di lana, quelle ventriere di lana, e caschi e colletti e gambali color di ferro e di ruggine, che la contessina del primo piano e la maestra comunale del terzo e le due sorelle del quarto, impiegate alla Banca di Sconto, incominciavan con ardente e rumoroso entusiasmo pei soldati alla fronte, e non riuscivano mai a finire?... Per Assunta, lavorar di maglia era come respirare: sembrava nata coi ferri da calza in mano: gli indumenti morbidi e caldi le si foggiavano in grembo, perfetti, come soffiati lì da un buono spirito di maga.

E pensava: qualcuno ne sarebbe forse giunto anche a suo figlio. E se non fosse?... Pazienza. Povere creature di mamma!... Tutti belli e cari ad un modo, tutti esposti all’ira di Dio delle

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.