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il denaro 277

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:283|3|0]] l’illusione che il fiume fosse lì, a due passi, azzurro, fresco, rapido. Quale relazione corresse fra la scena del ponte e la scena di quella sera, non capiva bene. Ma vi doveva essere. Di là dall’acqua erano rive, paesi, campi, città: l’ignoto. Bisognava varcare il fiume, raggiungere le magiche sponde, affermarsi, liberarsi.

— Mamma, ascoltami. Io non voglio esser povera. Io non voglio diventare operaia, o serva. Voglio studiare....

— Sì, figlia mia, studierai.

E Veronetta studiò.

A quindici anni entrava nel primo corso normale. Non che la spronasse vocazione alcuna all’insegnamento; ma questa era per lei l’unica via per imparare, per dare sbocco ed espressione alle oscure forze che le palpitavan dentro.

Non riusciva in tutto: le matematiche le davan la nausea. Adorava la storia e si sarebbe nutrita di poesia, giorno e notte; ma

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