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280 | il denaro |
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Lavoravano insieme, le due fanciulle, con ardore; e talvolta, di fronte ad un problema di soluzione ignota, il viso sciocco della scolara e il viso intenso dell’adolescente maestra esprimevano la stessa ansia accorata di chi si sforza di comprendere, e non può.
L’ultimo giorno d’esame, verso le sedici e mezzo, Veronetta udì battere all’uscio. Dal mattino aveva il tremito: tremava anche nell’aprire. Le comparve davanti la fruttivendola, grossa, tozza, bitorzoluta, con un viso acido e dispettoso.
— Gianna s’è chiusa in camera: piange. L’hanno bocciata in matematica....
Fu indescrivibile l’accento col quale la frase venne proferita. Rabbia, disprezzo, avarizia vi cozzavan dentro, vespe furiose in una boccia vuota. Gettò tre biglietti da cinque lire sul cassettone, e se ne andò senza salutare, con l’aria di chi s’è spremuto in bocca un limone acerbo.
La fanciulla era rimasta immobile. Il capo le girava un poco. S’udiva nella stanza il ronzio d’una mosca che batteva le elitre contro i mobili, alla cieca. Con quel ronzio negli orecchi, ella prese i biglietti, li esaminò. Erano tre