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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:300|3|0]] nuto, in vita sua, un così lungo discorso. Sbuffò, si alzò, pensò con profonda soddisfazione al mezzo sigaro virginia che l’attendeva sul portacenere in camera, fece alla fanciulla un rapido cenno di saluto, e s’avviò verso lo scalone, trascinando la coda della sua eterna vestaglia di flanella a strisce rosse, azzurre e viola.
E non vide lo sguardo fosco, d’una gelida fissità di pozzo senza fondo, che la seguiva duramente, quasi con disperazione.
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Tic-tic, tic-tic, tic-tic. Aveva imparato a dattilografare, in quattro e quattr’otto: più presto che non credesse. S’impara tutto: basta volere.
Tic-tic, tic-tic-tic dalle nove alle dodici, dalle due alle sette: tic-tic, tic-tic-tic, sotto l’agile movimento delle dita ridotte a strumenti meccanici come il cervello. I piccoli tasti scattavano, sparivano, ribalzavano, spiritelli beffardi e chiacchierini; e i fogli uscivan l’un dopo l’altro, regolari, ordinati, bianchi e turchini, irti di nomi tecnici, di formule commerciali,