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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:324|3|0]] corso della sua esistenza di libertà ch’ella non aveva mai voluto irretire in vincoli convenzionali, s’era data, s’era tolta: fuggevoli inganni del cuore o dei sensi, che le avevan lasciata la bocca amara, e la certezza di un destino di solitudine.
Un solo tenerissimo affetto, di nobiltà e di fedeltà senza pari, era bastato, fino alla comparsa di Fausto Mori, a riempir la sua vita gelosamente dominata dal travaglio dell’arte: l’amicizia pel critico che l’aveva tenuta al battesimo della lotta: pel possente vecchio dalla calva fronte a forma di torre, dalla candida barba di patriarca, dinanzi al quale ella talvolta s’inginocchiava baciandogli le mani, chiamandolo infantilmente “papà„.
Ma Fausto Mori era venuto.
Messi alla presenza l’uno dell’altra, si erano riconosciuti all’istante.
“Eccola„ — “Eccolo„ — aveva detto loro, dal profondo, la voce senza suono che ha maggior potenza d’ogni altra voce.
In un teatro, dopo un tempestoso comizio. Atmosfera rovente, satura d’elettricità. L’oratore aveva appena finito di trascinare il popolo nel turbine della sua travolgente elo-