< Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
62 la promessa

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:68|3|0]]

— Sei sempre stata bene?... — chiese Marco, pacatamente.

— Sì. Ma ora son sola. Mia madre è morta. Tu sei dimagrato, Marco.

Nemmeno la più timida allusione al suo silenzio di tanti anni, alla promessa ch’egli forse non ricordava o non voleva ricordar più, alla ricchezza che li separava, massa opaca ed informe.

Ma esisteva, veramente, quella ricchezza?... Oppure non pareva che nulla, nulla fosse fra loro, neanche l’aria, tanto si sentivano spogli ed ignudi, e trasparenti l’uno all’altra?... Da quando non s’eran rivisti?... Dal giorno prima?... No, da vent’anni. E Fresia aveva la bocca floscia, la pelle sfiorita, e qualche capello bianco. E Marco aveva sul viso e nell’anima l’inaridimento prodotto dalla vita violenta e rapace. Tuttavia ella era la donna unica, per lui: quella che si può gettare in un angolo come cencio vecchio, e per tanto tempo non si riaffaccia nemmeno alla memoria; pure, in disparte, in silenzio, umilmente, fedelmente, aspetta. Se non fosse tornato, lo avrebbe atteso sino alla morte. Ed era ignorante e rozza, fatta anche in questo per lui, che non possedeva altra

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.