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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Le solitarie,1917.djvu{{padleft:86|3|0]] spettarla, lasciarle la loro piccola anima nelle mani: mai più, mai più!...

Deperì, deperì. Le donnicciuole susurravan fra loro che alla maestra Rosanna s’era guastato il sangue, in conseguenza d’uno spavento preso, del quale nessuno conosceva la causa, del quale lei stessa taceva ostinatamente la causa; e le più superstiziose parlavano di stregoneria.

Ridotta al puro scheletro, tutta denti e capelli, scarnita al punto che il corpo non riusciva a sollevare il lenzuolo, non potè più alzarsi dal letto. Pel miracolo che nelle malattie di consunzione rende così belli gli agonizzanti, ritrovò negli ultimi giorni il suo viso verginale, la sua espressione pacata, la carezzevole dolcezza del suo sorriso. Chiamava sottovoce, per nome, gli allievi: faceva l’appello: “Ma come? non c’è?... sarà malato....„. E poi: “Attenti: la lettera U....„.

Ma sulla lingua ingarbugliata il sillabario si confondeva con Pinocchio dal lungo naso, e la fiaba di Cappuccetto Rosso balzava nel Giardino delle Tre Melarance, per morire soavemente nei versi che tutti i fanciulli sanno a memoria:

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