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E con loro anche il cuore di Luigi Majno trasmigrò.

Ai funebri di Azzurra fu veduto egli camminare immediatamente dietro il feretro, con la compagna e il figlio superstite ai lati. S’aggrappava, con le tese mani, al carro: sicuro il passo ma la testa curva, curvo fra le spalle il collo sanguigno: simile ad un toro colpito alla cervice da un colpo di mazza, che non basti a farlo piombare a terra.

Da quel dolore non rinvenne più.

Ebbe ore di prostrazione così profonda da sembrare annientamento. Si isolava talvolta fra la gente, come un sonnambulo. Nella quiete della casa, a intervalli parlava da solo, sognando ad occhi aperti. E diceva, conversando con l’invisibile, parole grandi: parole misteriose, fili

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