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Nel maggio, prima ancora della dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, subito dopo l’ordine di mobilitazione, Roberto mandava al padre e alla madre una lettera, nella quale implorava d’esser lasciato andare volontario. Compiva allora i quindici anni.

Entrerà forse un giorno, questa lettera, a far parte delle pagine di un’antologia della guerra. Chiamandola un capolavoro epistolare mi parrebbe di disonorarla. È sangue che zampilla da generosa vena, è nervo, è muscolo che si tende in membro di corpo perfetto. È prescienza e volontà.

Così conclude:


«Credilo, papà, io non andrò in guerra per uno stupido desiderio di

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