Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Roberto Sarfatti e i divini fanciulli | 143 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Orazioni, Treves, Milano, 1918.djvu{{padleft:149|3|0]] canti di felicità, gorghi di luce: una da Dakar passò di mano in mano, scritta invero con la violenza di quel sole, con la densità voluttuosa di quei profumi, con la sensualità di quelle terre, con sostanza e respiro d’infinito.
Ma in tutte rintoccava, grave e soave, la campana della patria: l’animo del giovanissimo navigatore era, malgrado la lontananza, sul Carso, — dove egli pure avrebbe voluto vestirsi di fango e di sangue, per purificarsi, vincitore, nelle acque dell’Isonzo. Volgeva in Italia il tempo della presa di Gorizia: un ufficiale-poeta poco più che ventenne, di Figline Valdarno, Vittorio Locchi, viveva la gesta, per celebrarla nella canzone «La Sagra di Santa Gorizia», che tutte le bocche italiane ri-