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Roberto Sarfatti e i divini fanciulli | 157 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Negri - Orazioni, Treves, Milano, 1918.djvu{{padleft:163|3|0]] sere quel che mi è successo in Val Capra: sai, quella volta, dopo la quale mi proposero per la nomina a caporale, che mi è ora venuta; ma in verità io non feci che quello che dovevo fare».
Sui primi galloni conquistati scherza in ogni lettera, mattacchione:
«Non mi lascerò ubriacare dalla gloria, sai: e penserò sempre, sia pur nella porpora di caporale, all’umile casetta dove nacqui».
Si precipita in casa il dieci di gennajo, per la famosa annunciata licenza di quindici giorni: ai familiari, che gli si buttano addosso ridendo e piangendo, grida gioiosamente, nel suo dolce dialetto veneziano:
— Fève indrio, che son pien de peòci!...
Pidocchioso è, infatti: sporco, strac-