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E pur qui resto, fiacca, immota, inerte:
Non ho coraggio di lasciar la mia
Casa, la madre veneranda e pia,
Per affrontar le strade erme ed incerte,
Il procelloso mare e le mugghianti
Città, folle, sublime, a l'avventura,
Fra nove razze, per monte e radura,
Su treni scatenati e sibilanti,
Fino al letto ov'ei giace!... — E il pianto ingoio:
Perchè la madre mia dal suo riposo
Non si desti, il tumulto angoscïoso
Degli urli miei, de' miei singhiozzi ingoio:
E, il corpo su la terra arida prono,
Giunte le mani sul petto fremente,
A lui mormoro, a lui che non mi sente,
Che non vedrò più mai, forse: Perdono. —
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