< Pagina:Nerucci - Sessanta novelle popolari montalesi.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

gli sporse la mana e gli disse:

- Te ha' cento ragioni da vendere; sicché è meglio perdonarsi e' nostri mancamenti e rimettersi fra di noi in santa pace. Quel che è stato, oramai è stato e nun se ne parli più. Nentra qui con meco, ché il brutto mostro, come te vedi ci ha lasso libberi e i' sono divento padrone spotico di questo palazzo e delle ricchezze che ci sono dientro. L'Argia contenta del successo bono nun si fece più pregare e infilziò tra le lenzola 'n braccio al su' sposo più svelta d'uno scoiattolo, e tuttadua, quand'ebbano chiacchierato un bel pezzo, finirno per addormirsi: ma desti che furno a levata di sole, 'nvece che nel letto principesco si trovorno a diacere a ciel sereno sopra un gran monte di corna 'n mezzo alla selva. Il palazzo 'gli era sparito. Gua'! gli toccò arritornarsene lemme lemme a Bologna, in dove nun ebban più da lamentarsi l'uno dell'altro, e Anselmo smenticò pure tutte le gelosie, che gli eran fuggite via assieme al palazzo 'ncantato.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.